TERAMO – E’ avviata sulla via della dichiarazione di paziente fuori pericolo l’impiegata della Prefettura di Teramo ricoverata in ospedale per aver contratto il batterio della legionella. La terapia antibiotica che aveva già adottato, senza sapere di essere affetta da quella patologia, ha fatto sì che il suo organismo potesse rinforzare le difese immunitarie tali da resistere alla diffusione dell’infezione e a distanza di qualche giorno dal ricovero, il suo quadro clinico va evolvendo in forma positiva. Resta al momento il dubbio sull’origine della patologia, considerato che la identificazione del batterio è sempre difficoltosa, potendo annidarsi in diversi habitat congeniale allo sviluppo della colonia. Il sospetto potrà essere risolto non prima di una settimana, al massimo dieci giorni. Tanto è il tempo necessario perchè dai campioni prelevati nei locali della Prefettura di Teramo e dall’abitazione dell’impiegata, si possa evidenziare l’eventuale presenza del batterio. Perchè in molti casi, il campione potrebbe non essere positivo. Intanto anche l’allarme sembra essere in via di attenuazione. C’è stata molta agitazione negli ambienti del Palazo di governo, com’è ovvio in questi casi, dopo aver appreso che la dipendente avrebbe potuto contrarre la malattia sul posto di lavoro. Sono stati momenti di apprensione quelli successivi all’individuazione dell’origine della febbre alta e dello stato di malessere generale a carico del sistema respiratorio della donna: le analisi di laboratorio sui campioni di espettorato della paziente, nella giornata di martedì hanno dato segnalazione della presenza del batterio della ‘legionella pneumophila‘. Sono subito scattate la profilassi sulla paziente, secondo i protocolli sanitari previsti in questi casi, e tutte quelle attività necessarie all’isolamento del batterio dove si sospetta possa annidarsi. Nel pomeriggio, le squadre del Dipartimento di igiene e prevenzione della Asl e dell’Arta, hanno setacciato la Prefettura di corso San Giorgio per fare campionamenti sulle tubature dell’acqua, sui rubinetti e sugli split dell’aria condizionata: luoghi dove è più probabile trovare il batterio, che non viene trasmesso da persona a persona, ma che viene esclusivamente inalato attraverso particelle di acqua contaminata. Acqua che può provenire appunto dai soffioni delle docce, dai rubinetti, dalle goccioline che residuano dagli impianti di refrigerazione. Dopo i prelievi, l’impianto idrico della Prefettura, alimentato direttamente dalla rete Ruzzo e non attraverso serbatoio, è stato sottoposto a ‘shock termico’, attraversamento la fuoriuscita dai rubinetti dell’acqua a temperatura massima per alcuni minuti, in modo da debellare il batterio eventualmente presente. Ancora ieri i sanitari del Mazzini e i vertici della Asl hanno ribadito che non esiste rischio circa il contagio in ambiente ospedaliero, proprio perchè non c’è trasmissione del batterio da persona a persona e che gli impianti sanitari o le eventuali fonti di contaminazione sono sempre sotto controllo. In questo caso, poi, il contagio è avvenuto al di fuori dell’ospedale.
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